Spero in una domenica più fresca del sabato, ma non credo. Quindi, mentre ci si scioglie e prosciuga un video sui tatuaggi più brutti. Me ne volevo fare uno anche io, ma sinceramente ho soprasseduto. A vedere questi mi chiedo se le persone sanno quello che fanno. No!
I tatuaggi, una volta, erano una forma di trasgressione. Essendo, per atavica categorizzazione, immaginati sulla pelle di pirati, zingari e filibustieri, farsene uno significava collocarsi implicitamente in una controllata marginalità rispetto al decoro di “quello che si dovrebbe e non si dovrebbe fare”. Oggi, i tatuaggi sono una moda e di trasgressivo non hanno più nulla. Dietro c’è un colossale giro di affari con giornali, associazioni, forse perfino una piccola strisciante lobby con i suoi politici di riferimento.
I principali tatuati sono i pedatori in braghette, che appassionano il maschio italiota (e anche qualche femmina italiota, sono passati i tempi in cui Eros Ramazzotti sottolineava con stupita meraviglia “del calcio sei tifosa” e lo inseriva come un prezioso comma per sposare la morosa di turno, ormai la quota aumenta anche nel sesso attualmente più forte e da sempre più intelligente) ma, vivaddio, come maitres à pensèr lasciano un po’ a desiderare.
Sul sapere o non sapere quello che si fa, credo che nella vita quotidiana siano ben poche le azioni che si fanno consapevolmente (una di queste, o meglio un conglomerato di queste sono le azioni insispensabili alla tenuta di un blog, già su Facebook per non parlare di Twitter si va molto più in automatico): una cospicua aliquota è fatta per dovere o convenzione senza convinzione; una aliquota minore ma significativa è fatta per periodiche irruzioni di impulsi che se non trovano sfogo fanno star male.
Dio, su consiglio del figliolo, è sempre incline a perdonare chi non sa quello che sta facendo. Basta non approfittarsene.
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@Luca io non so che ci faccio su FB. Adesso mi vogliono dare un diario che non voglio tenere. Mi cancellerò. Consapevolmente terrò il blog, scrivendo ciò che a volte mi passa per la testa. Però mi chiedo che senso ha incidere il proprio nome sulla carne, sul fianco? Mah! Paura di perdersi? Non so, ma la libertà, o ritenuta tale, non è questa. Ciao e grazie del contributo.
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